Capitolo 5

Sperimentazioni di stack ad elettrolita polimerico

 

5.1 Introduzione

 

Al fine di poter acquisire le competenze necessarie per poter progettare il generatore elettrico per azionare un veicolo ibrido sono state condotte delle prove sperimentali su stack di celle a combustibile ad elettrolita polimerico prodotti dalla De Nora.

La campagna di prove è stata svolta in parte presso i laboratori del C. R. Casaccia ENEA ed in parte nei laboratori De Nora situati in Milano; oggetto delle prove sono state tre tipologie di stack tutti in grado di generare una potenza elettrica di 5 kW.

La sperimentazione ha avuto inizio nel marzo del 1999 presso i laboratori ENEA dove sono stati testati uno stack con tecnologia standard realizzato nel 1993 ed uno stack di seconda generazione assemblato nel 1997.

Successivamente nei laboratori di Milano è stato testato uno stack improved utilizzato in seguito per eseguire la progettazione dell'ibrido

 

5.2 Descrizione della postazione di prova

 

La postazione di prova, ubicata nell’edificio C-47 presso il Centro Ricerche Enea, è stata realizzata per la caratterizzazione di stack di celle a combustibile ad elettrolita polimerico  in grado di erogare una potenza massima di 15 kW.

L'impianto è stato realizzato nell'ambito del contratto di associazione tra ENEA e De Nora e del programma sulle celle a combustibile ENEA-MICA (Ministero Industria Commercio ed Artigianato).

La postazione si compone essenzialmente di un sistema di alimentazione dei fluidi necessari al funzionamento dello stack, vale a dire idrogeno, aria ed acqua di raffreddamento, da un sistema di smaltimento della potenza erogata  dalle celle, costituito da un carico elettronico regolabile, e dal sistema di controllo e acquisizione dati.

 

5.2.1 Alimentazione dell’idrogeno

 

Trattandosi di una stazione sperimentale per la prova di componenti, l'idrogeno che alimenta l'anodo è costituito da gas puro e non dalla trasformazione di un combustibile fossile tradizionale (ad esempio per reforming a vapore del metano) come nel caso di un impianto completo di produzione di energia elettrica.

Le fonti di idrogeno utilizzate sono di 2 tipi: bombole di gas compresso ed elettrolisi dell'acqua.

L'alimentazione tramite gas compresso è costituita da una doppia rampa da 2 bombole ciascuna, posta in un apposito gabbiotto esterno all'edificio e collegata alla stazione di prova mediante una linea da 1/2" in acciaio inox. Ogni bombola (50 lt ‑ 200 bar) contiene circa 10 Nm3 di gas ed è dotata di un riduttore di pressione per alimentare l'idrogeno al valore desiderato.

Il sistema di produzione di idrogeno mediante elettrolisi dell'acqua è costituito da 2 macchine operanti in parallelo della potenzialità massima di circa 7 Nm3/h ciascuna ad una pressione massima di 4 bar.

L'utilizzo di questo sistema permette di coprire adeguatamente quei casi in cui è richiesta una notevole portata di idrogeno arrivando a soddisfare le richieste di uno stack da 15 kW funzionante a potenza nominale.

Le 2 macchine sono posizionate accanto alla stazione di prova e collegate ad essa tramite una tubazione in gomma omologata per l'impiego di idrogeno. All'uscita delle celle di elettrolisi sono posti dei filtri per l'abbattimento dell'umidità trascinata e quindi un sistema di purificazione dall'ossigeno mediante assorbimento su letto solido in modo da avere in uscita la purezza richiesta per l'idrogeno.

Subito prima dell'ingresso alle celle è posto poi un altro sistema di filtrazione così da abbattere gli ultimi eventuali trascinamenti.

In caso di necessità le 2 alimentazioni (bombole + elettrolizzatori) possono essere usate contemporaneamente. Infatti, facendo riferimento allo schema dell'impianto riportato in appendice, si può notare come le 2 linee di ingresso siano separate e dotate ciascuna di una valvola di regolazione (V‑02 e V‑08) per il raggiungimento della pressione desiderata.

Pressione, portata e temperatura della corrente di alimentazione anodica vengono misurate prima dell'ingresso allo stack.

In uscita, tramite la V‑23, il gas che non ha partecipato alla reazione elettrochimica raggiunge il serbatoio HX‑1 dove si separa dall'umidità trascinata e torna in circolo attraverso i 2 compressori PH‑1 e PH‑2.

La condensa che si raccoglie in HX‑1 viene scaricata automaticamente tramite la valvolaV‑24.

La valvola V‑25 è normalmente chiusa e si apre automaticamente solo in caso di arresto di emergenza per depressurizzare il circuito scaricando l'idrogeno all'esterno dell'edificio.

La valvola V‑21 è anch'essa normalmente chiusa ma è dotata di un temporizzatore che ne provoca l'apertura per alcuni secondi ad intervalli di tempo predeterminati e modificabili con scarico all'atmosfera. Lo scopo di questa operazione è quello di tener basso il valore di concentrazione di eventuali impurezze gassose contenute nell'alimentazione qualora lo stack sia esercito in modalità Dead-End.

Il principio di funzionamento di questo sistema, una volta definita la pressione operativa, che è legata ai circuiti aria ed acqua come verrà spiegato nel paragrafo successivo, è il seguente: in funzione del valore di corrente impostato dall'operatore sul carico elettronico, lo stack di celle a combustibile avrà un certo assorbimento di idrogeno necessario a soddisfare la richiesta; lo strumento di controllo della pressione PIC‑1 avvertirà questo fenomeno come un calo della pressione operativa e comanderà l'apertura della valvola di regolazione V‑02 (o V‑08) in modo da ripristinare il valore di pressione impostato. La portata letta dal misuratore di flusso FI‑1 è quindi pari a quella effettivamente consumata dalle celle a combustibile.

Il misuratore di flusso FI‑4 rileva invece la portata ricircolata attraverso i compressori che costituisce l'eccesso rispetto al valore stechiometrico teoricamente richiesto ed in definitiva individua il parametro detto "coefficiente di utilizzo del combustibile" così calcolato:

Þ portata di idrogeno consumata/portata di idrogeno alimentata

dove la portata di idrogeno alimentata è pari alla somma del valore in ingresso all’impianto (FI-1) e del valore di riciclo (FI-4).

L'entità del flusso di idrogeno riciclato attraverso i compressori è regolabile tramite i motori stessi; questi ultimi, infatti, variano la propria velocità di rotazione in modo continuo al variare della frequenza elettrica e di conseguenza varia anche la portata dei compressori.

Il valore della portata di ricircolo desiderata si può quindi ottenere da quadro agendo sul variatore di frequenza fino a che il valore letto su FI‑4 non è quello voluto.

Durante le fasi di start‑up e di shut‑down è possibile alimentare azoto all'anodo attraverso le apposite linee previste (valvole V‑31 e V‑31A).

 

5.2.2 Alimentazione dell’ossigeno

 

Il gas alimentato al catodo è costituito da aria ambiente pressurizzata tramite un compressore da 90 Nm3/h dotato di pressostato attacca/stacca funzionante tra 6 e 8 bar.

Il circuito di produzione è completato da un serbatoio polmone di volume pari a 500 litri, da una doppia batteria di filtrazione (una in funzione, una in rigenerazione) e, subito prima dell'ingresso all'impianto da un ulteriore filtro per l'abbattimento definitivo dei trascinamenti.

Il circuito di alimentazione vero e proprio è costituito da un riduttore di pressione per stabilizzare il valore in entrata e da una coppia di valvole di regolazione per il controllo della pressione operativa e della portata alimentata (valvole V‑42 e V‑48).

Il funzionamento è il seguente: il controllore di pressione PIC‑2 agisce sulla V‑42 per mantenere costante il valore della pressione impostato mentre la V‑48 è comandata dal controllo di portata FIC‑2. L'esausto catodico viene scaricato all'esterno dell'edificio con una linea separata rispetto allo scarico dell'idrogeno.

Per quanto riguarda il sistema di controllo della pressione occorre fare un discorso più generale: essendo le celle realizzate in materiale avente resistenza strutturale molto limitata (membrana, elettrodi porosi), occorre assolutamente evitare forti sbilanciamenti delle pressioni tra i comparti anodici e catodici e tra questi ed il circuito dell'acqua di raffreddamento.

Il limite massimo accettabile è fissato dai costruttori di celle e nel  nostro caso risulta intorno a 0.5 bar. Il superamento di questo valore potrebbe comportare il cedimento strutturale degli elementi costituenti la cella a combustibile ed il danneggiamento definitivo dello stack.

Per superare il problema le pressioni dei 3 circuiti (aria, acqua, idrogeno) sono state legate tra loro attraverso la strumentazione di controllo: in particolare, mentre il set point di pressione del circuito aria è programmabile normalmente dall'operatore agendo sul set point di PIC‑2, le pressioni degli altri circuiti non sono indipendenti ma sono asservite a questo valore attraverso il collegamento di PIC‑1 (idrogeno) e PIC‑3 (acqua) con PIC‑2 e tendono a portarsi allo stesso set‑point.

In caso sia presente, per qualunque motivo, una differenza di pressione tra due qualsiasi dei circuiti superiore ad un valore prefissato l'intero impianto subisce una fermata di emergenza.

Come nel caso dell'idrogeno, è possibile inviare azoto nel circuito dell'aria durante le fasi di avviamento e di fermata aprendo la valvola V‑30.

 

5.2.3 Raffreddamento  dello stack

 

E' costituito da un circuito chiuso di acqua demineralizzata ed effettua la doppia funzione di raffreddare lo stack e di umidificare le alimentazioni nel modo già descritto in precedenza.

Viene caricato introducendo acqua demineralizzata nel serbatoio BW‑1 attraverso la valvola V‑53 e controllando il livello a vetro posto sul serbatoio stesso.

Quest'ultimo è dotato di una resistenza elettrica da 1000 W EH‑1 (dotata di termostato TR‑1) per il preriscaldamento dell'acqua che, nella fase di avviamento, deve essere portata a 40-50°C prima di poter essere mandata alle celle.

L'acqua viene fatta circolare, durante la fase di preriscaldamento, aprendo la valvola V‑57 e by passando lo stack, mettendo in funzione la pompa PW‑1. Anche questa apparecchiatura è dotata di un motore elettrico variabile tramite l'inverter IV‑4 e pertanto l'operatore, agendo su di esso, può regolare la portata della pompa il cui valore viene letto sul misuratore di flusso FI‑3, fino a raggiungere il valore desiderato che corrisponde a circa 200 l/h per ogni kW di potenza nominale dello stack.

Durante il funzionamento a regime, (V‑57 chiusa, V‑56 e V‑58 aperte) e cioè in condizioni in cui il circuito asporta calore dalle celle, la temperatura dell'acqua demineralizzata tenderà a salire.

Il sistema di controllo della temperatura, per mantenere lo stack costante al valore ottimale di circa 70°C, è realizzato mediante il controllore TIC‑1 che comanda il motore dell'aerotermo EV‑1.

Anche questo motore è a velocità variabile tramite l'inverter IV‑3 ed aumenta o diminuisce il flusso d'aria attraverso l'apparecchiatura, dipendentemente dal segnale proveniente da TIC‑1.

Il controllo della pressione del circuito di raffreddamento è realizzato dall'azione delle 2 valvole V‑59 e V‑61 agenti sul serbatoio PR‑1.

Questo serbatoio, essendo in comunicazione con BW‑1 e PW‑1, contiene inizialmente acqua. La valvola V‑59 è disposta su una linea di aria compressa ed è quindi in grado di alimentare aria al serbatoio.

L'aria è disponibile ad una pressione superiore a quella dell'acqua (va considerato infatti che la pompa PW‑1 ha solo la funzione di circolatore e la sua prevalenza è solo quella necessaria a vincere le perdite di carico del circuito) e quindi si creerà un cuscino di aria nella parte superiore di PR‑1; il livello dell'acqua si porterà in corrispondenza dell'estremità del troppo pieno installato nel serbatoio e l'acqua in eccesso uscirà attraverso la valvola V‑62. Va sottolineato il fatto che la tubazione verticale del troppo pieno è in grado di scorrere (mantenendo la tenuta verso l'esterno) sul fondello superiore di PR‑1 in modo tale che il volume del cuscino di aria presente nel serbatoio possa essere variato dall'operatore; ciò può risultare importante per il bilanciamento delle pressioni dell'impianto durante la fase di fermata di emergenza.

Quando il valore della pressione nel circuito raggiunge il set‑point impostato sul controllore PIC‑3 (che come abbiamo visto è a sua volta legato al valore imposto su PIC‑2 dall'operatore) la valvola V‑59, che è del tipo on‑off, si chiude e la pressione rimane costante.

Durante il funzionamento dell'impianto possono verificarsi degli sbilanciamenti di pressione: in questo caso, se il valore decresce la V‑59 si apre per brevissimo tempo per ripristinare le condizioni iniziali; se viceversa il valore cresce si apre la valvola V‑61, anch'essa del tipo on‑off, che scarica all'atmosfera l'eccesso di pressione.

La figura seguente mostra lo schema dell'impianto appena descritto:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5.2.4 Il sistema di controllo

 

Il sistema di controllo è costituito da un Personal Computer installato in sala controllo collegato ad un PLC (Programmable Logic Controller) anch'esso ubicato in sala controllo.

Il PLC gestisce le logiche di funzionamento relative soprattutto alle sequenze di start‑up e di shut‑down sia normale che di emergenza dell'impianto.

Il Personal computer è dotato di un software (LabView della National Instrument) che permette la visualizzazione del sinottico dell'impianto e di tutti i valori delle grandezze fisiche significative, nonchè la possibilità di agire sui parametri di processo e modificarli a piacere.

E' dotato inoltre di un sistema di acquisizione ed elaborazione dei dati con possibilità di visualizzare i trend delle varie grandezze.

Il concetto guida è comunque quello di permettere la visualizzazione dei dati e la gestione del processo direttamente dalla sala controllo mentre per le operazioni di start‑up e di shut‑down è necessario che l'operatore intervenga con operazioni in campo.

Per quanto riguarda il sistema di smaltimento dell’energia elettrica prodotta, esso è costituito da un carico elettronico raffreddato ad acqua della potenza massima di 20 kW (400 A max, 160 V max) che viene comandato dall'operatore da sala controllo impostando il valore di corrente a cui si vuole lavorare.

Se la quantità di aria alimentata al catodo è sufficiente, l'impianto reagisce in maniera automatica poichè il consumo di idrogeno corrispondente viene regolato dal controllo di pressione PIC‑1.

Il carico elettronico rileva i valori di tensione e di potenza relativi al punto di funzionamento scelto e li trasmette in sala controllo dove vengono visualizzati sul Personal Computer.

 

5.3 Esercizio della postazione di prova

 

L’impianto veniva avviato la mattina e portato alle condizioni di temperatura e pressione previste per la prova; a questo punto veniva variato il carico aumentandolo progressivamente e lasciando stabilizzare lo stack per 15 minuti ai valori di corrente previsti in modo da ottenere la curva caratteristica alle condizioni operative imposte.

Tale operazione veniva ripetuta ogni volta che si variava uno dei parametri operativi interessati vale a dire pressione e temperatura di funzionamento dello stack e portata dell’idrogeno di riciclo.

L’alimentazione dell’idrogeno è stata ottenuta dagli elettrolizzatori che, essendo in grado di fornire il gas ad un massimo di 3 bar, hanno limitato il valore operativo della pressione a 2.5 bar a causa delle perdite di carico sui filtri e sulla valvola di regolazione posti tra le macchine e lo stack.

Gli effetti della variazione di pressione sono pertanto stati studiati eseguendo i test a 1.8, 2.1 e 2.5 bar.

Per quanto riguarda la temperatura i valori di prova sono stati 60, 65 e 70°C mentre la portata di ricircolo dell’idrogeno è stata posta al 50 o al 100% rispetto a quella consumata dallo stack.

 

5.3.1 Procedure di avviamento

 

La procedura operativa utilizzata per eseguire le prove inizia con l'esecuzione del programma di gestione e controllo implementato in LabView; la prima procedura è ovviamente quella di avviamento, che ha il compito di impostare le variabili operative in modo da determinare le condizioni  di prova dello stack; di seguito sono riassunte le operazioni che il sistema deve compiere prima di poter abilitare la procedura di produzione:

 

·         Abilitare la resistenza elettrica per riscaldare l'acqua di raffreddamento;

·         Alimentare azoto all’anodo ed aria al catodo della cella;

·         Azionare il circolatore dell'acqua del circuito di raffreddamento;

·         "Agganciare" i sistemi di regolazione delle pressioni;

·         Sostituire  l'azoto con l'idrogeno;

·         Impostare la portata dell'idrogeno di riciclo;

·         Impostare i set point di pressione e la rampa di salita;

·         Impostare i set point di temperatura;

·         Impostare i set point di portata dell’aria al catodo e la rampa di salita;

 

5.3.2 Esercizio dello stack

 

La fase di produzione di energia elettrica è quella significativa per caratterizzare il comportamento dello stack. Una volta eseguita la procedura di avviamento è sufficiente impostare il valore di corrente richiesta al carico elettronico ed adeguare la portata di aria e di idrogeno; un parametro aggiuntivo su cui può si può operare sono i tempi di intervento delle valvole automatiche di spurgo sulle linee dei gas.

Durante i test sono stati rilevati e registrati i valori operativi delle seguenti variabili:

 

·         Pressione di alimentazione dell’idrogeno;

·         Pressione di alimentazione dell’aria;

·         Pressione del circuito di raffreddamento;

·         Temperatura di funzionamento dello stack;

·         Portata dell’aria al catodo;

·         Portata dell’idrogeno consumato dallo stack;

·         Portata dell’idrogeno di riciclo;

·         Corrente fornita dallo stack;

·         Tensione di funzionamento dello stack;

·         Potenza prodotta dallo stack;

·         Posizione delle valvole on-off  situate sull’impianto;

 

Sono stati inoltre rilevati, ma non registrati, altri segnali utili all’operatore per verificare il buon andamento del processo. Tali dati sono visualizzati con strumenti locali sull’impianto o sul quadro elettrico della postazione di prova e sono:

 

·         Temperatura dell’acqua di raffreddamento prima dell’ingresso allo stack

·         Temperatura dell’idrogeno di alimentazione e di riciclo

·         Portata dell’acqua di raffreddamento

·         Pressione dell’aria catodica a valle dello stack

·         Pressione dell’idrogeno a valle dello stack

 

A partire dal giugno del 1999 è stato installato un sistema di monitoraggio della tensione di ogni singola cella munito di interfaccia con un secondo personal computer posizionato in sala prove.

 

 

5.3.3 Procedure di spegnimento

 

Al termine delle prove è necessario eseguire la procedura di fermata che ha il compito di interrompere la produzione di corrente, di sospendere l'erogazione dei reagenti ed infine, di procedere all'inertizzazione dell'intero dispositivo; le fasi che compongono questa procedura sono riassunte di seguito:

 

·         diminuire la corrente richiesta agendo sul carico elettronico;

·         disabilitare la resistenza elettrica per il riscaldamento dell'acqua di raffreddamento;

·         diminuire la pressione delle 3 linee di alimentazione tramite rampa di discesa fino a 0,5 bar relativi;

·         sostituire l’idrogeno anodico con azoto;

·         azzerare la corrente richiesta;

·         ridurre la temperatura dello stack;

·         spegnere i compressori di riciclo dell’idrogeno;

·         ridurre la pressione a 0.2 bar e sganciare i sistemi di regolazione;

·         diminuire la pressione separatamente sulle 3 linee fino al valore atmosferico e spegnimento di tutte le apparecchiature.

 

5.3.4 Fermata di emergenza

 

La fermata di emergenza entra in funzione automaticamente nel caso si verifichi un evento segnalato nel sistema di allarme incluso nel software di gestione; attualmente è previsto in caso si presenti una differenza di pressione tra la linea anodica e quella catodica maggiore di 0,5 bar il sistema intervenga chiudendo  tutte le valvole di alimentazione dell' aria e del combustibile, spegnendo i compressori, il carico elettronico, ed impostando poi il set point della pressione dell’aria a 1,3 bar assoluto.

Qualora durante il normale esercizio della postazione l'operatore notasse delle anomalie nel funzionamento del dispositivo può attivare manualmente la procedura di fermata di emergenza.

 

 

5.4 Analisi dei dati sperimentali

 

Entrambi i sistemi di acquisizione dati[1] generano dei file formato testo che è possibile importare in un foglio elettronico di Excel da cui si possono ottenere le curve di polarizzazione, di potenza prodotta e di rendimento.

5.4.1 Stack da 100 celle di area effettiva di 256 cm2

 

Il primo stack testato è un componente di prima generazione assemblato nel 1993, si tratta di uno stack da 100 celle con area attiva da 225 cm2 in grado di erogare 5 kW elettrici.

I risultati ottenuti dalla sperimentazione sono stati fortemente influenzati dalle condizioni dello stack e dalla sua progressiva perdita di prestazioni.

All’inizio delle prove è stato possibile raggiungere una corrente massima di 45 A, pari a poco più del 50% di quella nominale, senza che le singole celle mostrassero prestazioni insufficienti; poi, progressivamente, il comportamento generale è peggiorato fino a che la corrente massima applicabile non si è ridotta a 20-25 A.

A questo punto i test di caratterizzazione non avevano più molto significato e sono state eseguite due prove di stabilità mantenendo lo stack a bassa corrente per diverse ore.

Durante il funzionamento dell’impianto sono stati rilevati periodicamente i valori di tensione delle singole celle in modo da verificarne il buon andamento; inoltre le 3 celle che mostravano valori di tensione più bassi sono state monitorate in continuo tramite un multimetro installato appositamente in sala controllo.

In generale si è evidenziato il fatto che forti variazioni di corrente causavano il cedimento delle celle che diminuivano rapidamente di tensione, a volte anche fino a zero; effettuando molto lentamente la salita di corrente accadeva invece che le stesse celle mantenessero prestazioni accettabili.

I risultati ottenuti evidenziano unicamente l'effetto della variazione di alcune variabili operative quali pressione, temperatura dello stack e portata dell’idrogeno di riciclo, poiché, considerato il grado di deterioramento dello stack, non è stato possibile procedere con le procedure di caratterizzazione stabilite.


Per completezza si è comunque deciso di rappresentare anche la curva di polarizzazione e la potenza prodotta, i risultati sono però decisamente deludenti:

 

Fig. 1.5 - Curva di polarizzazione e potenza  stack 100 celle

 

E' stato valutato l’effetto della portata di riciclo dell'idrogeno alla temperatura di 60°C ed alle pressioni di 2.1 e 2.4 bar (relativi) rispettivamente, ne risulta un lieve miglioramento delle prestazioni non tale da giustificare la complicazione impiantistica derivante dall'installazione di un compressore necessario per eseguire tale procedura.

 

L’aumento della tensione all’aumentare della pressione è dell’ordine dell’2% nel passaggio da 1.8 a 2.4 bar (relativi) al valore minimo di corrente di 20 A e si mantiene abbastanza costante come valore assoluto lungo tutta la curva.

La figura seguente confronta i due risultati ottenuti:


Fig. 2.5 - Effetto della variazione della pressione T = 60°C     Riciclo = 50%

 

E' stato anche investigato l'effetto della variazione della temperatura: dall’esame delle curve si nota che un aumento di temperatura, nel passaggio da 60 a 65 a 70 °C, ha un effetto positivo sulle prestazioni sia alla pressione di 2.1 bar sia a 2.4 bar, anche in questo caso però gli andamenti sono fortemente condizionati dal fatto che le prove eseguite a 70 °C sono state cronologicamente successive alle altre e risentono in maniera decisiva del deterioramento dello stack soprattutto ai carichi maggiori, si è quindi deciso di rappresentare il comportamento ottenuto a 2.1 bar (rel.) poiché a quel valore è stato ancora possibile far erogare allo stack una corrente di 45 A.


Fig. 3.5 - Effetto della variazione della temperatura, P = 2.1 bar  Riciclo = 100%

 

In condizioni di funzionamento Dead-End il dispositivo ha  mantenuto costante la sua tensione ad un valore di circa 62.8 V; per quanto le condizioni di degrado dello stack fossero ormai tali da non permettere una erogazione di corrente significativa per la caratterizzazione dell'oggetto, è comunque importante notare che tale procedura è assai efficace e semplice da realizzare.

 

Conclusioni

L’analisi dei risultati ottenuti conferma l’effetto positivo dell’aumento della pressione e della temperatura sulle prestazioni dello stack come evidenziato nella trattazione teorica.

Le prove effettuate possono essere utili per analizzare il comportamento delle celle al termine della loro vita operativa: a circuito aperto i valori di tensione risultavano praticamente uguali per tutte le unità mentre l’applicazione di un carico, anche minimo (10 A), evidenziava già una certa differenza di comportamento per cui alcune celle, quelle che poi risultavano critiche ai carichi maggiori, mostravano una tensione di lavoro inferiore alla media.

La modalità con cui il carico veniva aumentato influenzava poi fortemente la risposta in termini di tensione; è accaduto ad esempio che un rapido incremento da 30 a 40 A non sia stato sopportato e che una o più celle mostrassero una tensione inaccettabile mentre ripetendo più lentamente la rampa di salita con gradini di 1-2 A tutto lo stack funzionasse regolarmente.

Inoltre, una volta individuate le celle critiche, era sempre una o più di queste che veniva meno e mai è avvenuto un collasso di prestazioni da parte delle celle considerate “regolari”.

Per quanto riguarda l’effetto della portata di idrogeno di riciclo, il passaggio da un valore del 50% del consumo effettivo ad un valore del 100% non sembra avere alcun effetto sulle prestazioni complessive dello stack.

Infine è stato impostato il funzionamento Dead-End con le seguenti modalità:

·         DP = 0.2 bar, 1sec. di apertura ogni 20 secondi

Naturalmente la portata media sia salita, determinando un coefficiente di utilizzo del combustibile pari a circa il 90% mentre le prestazioni sono rimaste stabili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5.4.2 Stack da 20 celle di area effettiva di 956 cm2

 

Questo stack è costituito da 20 celle attive, più 2 di umidificazione, appartiene agli stack di seconda generazione e nella configurazione in oggetto ha un rapporto peso potenza pari a 0,077 kW/kg; nel caso si realizzasse uno stack con questa tecnologia ma con 40 celle (10 kW) l'influenza in peso delle testate sarebbe percentualmente minore e permetterebbe di raggiungere un rapporto peso potenza pari a 0,1 kW/kg cioè doppio rispetto agli stack di prima generazione.

Questo risultato è stato ottenuto riducendo lo spessore dei piatti bipolari ad un valore di due millimetri ed eliminando i piatti di raffreddamento.

In questa nuova configurazione il fluido di raffreddamento percorre una zona periferica alle membrane simile alla camicia ricavata nei cilindri dei motori a combustione interna, il risparmio ottenuto in termini di peso è piuttosto significativo.

Il sistema di umidificazione è costituito da due celle separate da un piatto di alluminio. Ciascuna cella è divisa in due comparti da una membrana in Nafion®; su di un lato fluisce dell’acqua demineralizzata, sull’altro un gas secco che si umidifica grazie alle proprietà di trasporto dell’acqua della membrana. La sezione di umidificazione è separata della sezione di generazione di potenza da un piatto di alluminio.

Lo stack in questione avrebbe dovuto erogare un potenza di 5 kW corrispondente ad una densità di corrente di circa 357 mA/cm2, tuttavia fin dall'inizio ha dimostrato dei difetti nel funzionamento di alcune celle che hanno impedito di poter raggiungere la densità di corrente di progetto.

Le condizioni operative sono state le più svariate, si è provato ad alimentare l'idrogeno utilizzando varie percentuali di ricircolazione, si è lasciata aperta la valvola di scarico lato idrogeno per garantire un apporto di combustibile superiore al valore stechiometrico richiesto ed infine, si è tentata la procedura Dead-End.

In nessun caso è stato osservato un miglioramento delle prestazioni.

Per l'alimentazione catodica si è seguito lo stesso approccio ovvero è stato provato ad alimentare la cella con una quantità d'aria compresa tra 2 e circa 5 volte lo stechiometrico, anche operando ad una pressione di 2,5 bar relativi non è stato ottenuto il risultato ricercato.

Le figure seguenti, ottenute durante le prove del 07/06/99, mostrano la curva di polarizzazione e la potenza in funzione della densità di corrente, le condizioni di prova prevedevano una pressione di alimentazione dei gas di 2,4  bar (relativi), una temperatura compresa tra 43 e 51 °C, la procedura Dead-End per l'alimentazione anodica ed infine una portata d'aria circa 2,5 volte lo stechiometrico.

 


Fig. 4.5 - Curva di polarizzazione e potenza  stack 20 celle

 

 

 

La massima potenza prodotta è stata di soli 1240 W pari circa al 25% di quella nominale.

Non è stato in alcun modo possibile determinare le cause del mal funzionamento del dispositivo, una possibilità è da imputarsi all'errato funzionamento del sistema di umidificazione, resta comunque da chiarire come solo alcune celle e sempre le stesse abbiano manifestato i problemi accennati.

Andando a diagrammare separatamente le polarizzazioni delle singole celle si nota come le celle "difettose" manifestino un comportamento anomalo già per densità di correnti molto basse. Un'ipotesi plausibile è che a causa di un errato assemblaggio le stesse presentino delle perdite di carico nei manifold dei reagenti tali da amplificare l'effetto delle perdite per diffusione; una seconda ipotesi potrebbe essere ricercata in perdite ohmiche causate dal non perfetto contatto elettrico tra gli elettrodi della cella. In precedenti sperimentazioni è stato osservando che aumentando la coppia di serraggio delle barre filettate che mantengono collegate le celle dello stack, si osservava un miglioramento  delle prestazioni, nel nostro caso non è stato possibile eseguire questa operazione per una mancanza di dati da parte del fornitore del dispositivo.

Il problema appena enunciato è particolarmente delicato poiché ogni qual volta la tensione di una singola cella difettosa scende al di sotto del valore di 400 mV è necessario, ai fini di sicurezza già accennati, diminuire il carico elettrico ed in definitiva la potenza prodotta.

Le illustrazioni seguenti mostrano chiaramente quale sia il comportamento di uno stack che manifesti questi problemi.

 

 

 

 

 


 

Fig. 5.5 - Curva di polarizzazione delle singole celle

 

Si può notare come il comportamento anomalo di alcune celle oltre ad impedire di poter esercire lo stack con alti valori di densità di corrente diminuisce la tensione totale dello stack.

Un altro modo per evidenziare il mal funzionamento di alcune celle consiste nel confrontare le tensioni delle celle al variare della corrente richiesta.

 

 

 

 

 

 

 

 


Fig. 6.5 - Variazione della tensione di celle con il carico elettrico

 

Come accennato nella sperimentazione dello stack precedente è impossibile evidenziare il difetto sopra esposto misurando la tensione dello stack o delle singole celle a circuito aperto, la linea in blu mostra appunto la tensione delle singole cella a circuito aperto, si può notare come tutte quante abbiano una tensione superiore a 900 mV.

I diagrammi seguenti intendono sottolineare ancora una volta l'inconveniente manifestato dallo stack in oggetto rappresentando separatamente la risposta delle celle a circuito aperto e ad una densità di corrente di 92 mA/cm2.

 

 

 

 


Fig. 7.5 - Tensione di cella  a circuito aperto


Fig. 8.5 - Tensione di cella  ad 88 A

Durante tutto il mese di giugno sono state provate diverse "strategie" operative, oltre naturalmente ad intervenire sui parametri di riferimento[2]; in particolar modo sono state cortocircuitate alcune celle per escluderle dal circuito elettrico e permettere così di ottenere una corrente prossima al valore di targa dalle celle che avevano manifestato un corretto modo di operare.

Il massimo valore raggiunto è stato di 220 A corrispondente ad una densità di corrente elettrica pari a 230 mA/cm2 cioè al 65% del valore nominale.

 

I grafici seguenti si riferiscono ad una prova eseguita il 21/06/99 in cui è stata cortocircuitata la cella numero 13 per un intervallo di tempo necessario per portare il valore di corrente fino a 160 A, successivamente è stato rimosso il cortocircuito ed è stato possibile produrre una corrente di 200 A senza che la cella in questione manifestasse un crollo delle prestazioni. Tuttavia nell'elaborazione dei dati è stata volutamente non considerata la cella numero 13 per poter disporre di dati omogenei tra loro.

Questo modo del tutto empirico di procedere non vuole in alcun modo affermare che questa procedura possa in qualche modo "riparare" delle celle difettose[3], è stato unicamente un modo per analizzare il comportamento del dispositivo nelle condizioni più disparate.

Le prove sono state condotte ad una pressione relativa di 2,5 bar, ad una temperatura compresa tra 46 e 70 °C e con una portata d'aria pari a circa 2,5 volte il valore stechiometrico.

 

 

 

 


Fig. 9.5 - Curva di polarizzazione e potenza con una cella cortcircuitata

 

 

Sebbene l'effetto del cortocircuito abbia apparentemente giovato allo stack permettendo di erogare, per un breve lasso di tempo, una potenza pari a 2,5 kW elettrici, si può in realtà notare dalla figura 10.5 come, durante questa procedura, le celle adiacenti a quella cortocircuitata abbiano subito un temporaneo calo delle prestazioni; infatti analizzando le celle 12 e 14 si nota che, dopo aver rimosso il cortocircuito nella cella 13, ovvero a partire dal valore di 160 A, le tensioni delle celle delle celle adiacenti  siano aumentate.

 

 

 

 

 

 

 

 


Fig. 10.5 - Curva di polarizzazione delle singole celle, cella 13 cortocircuitata                       … ………..fino a 167 mA/cm2

 

L'ultimo grafico, figura 11.5, rappresenta la tensione di cella rilevata per una corrente di 200 A con tutte e 20 le celle in funzione[4]. Ai valori misurati è stata aggiunta una linea di tendenza  che mette in risalto come le prestazioni delle celle centrali siano inferiori alle altre, questo lascia supporre che il loro scarso comportamento non sia da  imputare ad un difetto costruttivo degli elettrodi né tantomeno ad una carenza del sistema di umificazione, è piuttosto ipotizzabile che si tratti di un difetto di assemblaggio dello stack o ad una particolare distribuzione del gradiente termico che penalizza le celle situate nella mezzeria dello stack.

 


Fig. 11.5 - Tensione di cella e linea di tendenza a 200 A

 

Conclusioni

Come nel caso precedente, lo stack in oggetto non è stato in grado di erogare la potenza di targa, le cause sono da imputarsi all'errato  funzionamento  di alcune celle che non ha permesso di erogare la corrente nominale.

Non è stato possibile in alcun modo recuperare le celle "difettose" né tantomeno identificare le cause del loro comportamento sebbene siano state tentate diverse modalità operative tra cui, l'umidificazione diretta delle membrane, iniettando acqua in fase liquida tramite il condotto catodico, e la variazione dei valori di apertura della valvola di spurgo in uscita dal lato anodico.

Le conclusioni della sperimentazione sono pertanto analoghe al caso precedente: è fondamentale poter monitorare la tensione di ogni cella e sarebbe auspicabile poter escludere dallo stack le celle difettose senza dover intervenire rimuovendo fisicamente le celle ma unicamente eliminando l'apporto dei reagenti nella cella in questione.

5.4.3 Stack da 100 celle ottimizzato di area effettiva di 225 cm2

 

Questo stack è stato provato presso i laboratori De Nora nel novembre '99 al fine di valutarne il possibile utilizzo come generatore elettrico in un veicolo ibrido celle a Combustibile-Batterie.

Lo stack dispone di un area effettiva di 225 cm2  pari a quella del primo stack testato ma, a differenza di questo, è stato realizzato con delle migliorie nel sistema di raffreddamento e  di umidificazione comuni a tutti gli stack di tipo improved.

Analizzando il componente in dettaglio si può osservare che sono stati eliminati  i piatti di raffreddamento ed i piatti bipolari hanno uno spessore di soli 2 mm. Il fluido di raffreddamento percorre lo stack in una zona periferica alle membrane ed è quindi del tipo in cornice descritto per lo stack da 956 cm2.

Il sistema di umidificazione è di tipo integrato ed umidifica unicamente l'aria per  l'alimentazione del catodo; non è più necessario provvedere ad umidificare l'idrogeno poiché questo nuovo sistema garantisce il corretto apporto di acqua necessario per l'idratazione delle membrane.

Durante le prove è stato inoltre deciso di sperimentare sullo stack in questione la tecnica "dell'umidificazione diretta delle membrane" insufflando una cospicua[5] quantità di acqua liquida insieme all'aria; il sistema sembra aver beneficiato di questa procedura poiché oltre a mantenere il costante grado di idratazione delle membrane una parte dell'acqua inviata evapora in prossimità della membrana favorendo l'asportazione del calore prodotto dalla reazione esattamente nel punto in cui viene generato, l'unico problema che si è riscontrato è l'allagamento di alcune celle qualora lo stack non si trovi in posizione orizzontale.

Oltre alle modifiche appena accennate la novità più importante di questo dispositivo  è che è stato possibile produrre l'energia elettrica alimentando la cella con una pressione catodica di appena 1,5 bar assoluti permettendo così di ridurre notevolmente la potenza assorbita dal compressore aria; purtroppo la portata di aria richiesta è ancora lontana dalle condizioni ideali essendo necessario un valore pari a circa 2,5 volte lo stechiometrico.

Per quanto riguarda l'alimentazione anodica l'idrogeno viene fornito, secondo la procedura Dead-End, in quantità stechiometrica e l'unico parametro che penalizza il coefficiente di utilizzo del combustibile è determinato dalla quantità che viene evacuata tramite la valvola di spurgo[6]; la pressione di esercizio è fissata a 1,9G0,5 bar poiché in questo modo si limitano gli effetti di diffusione dell'azoto dal comparto catodico a quello anodico, inoltre durante la procedura di spurgo quando la pressione dell'anodo scende di circa 0,2-0,3 bar la concavità assunta dalla membrana non cambia direzione rendendo così minori le sollecitazioni subite dal MEA.

L'unico parametro penalizzante di questo nuovo stack riguarda la temperatura del fluido di raffreddamento imposta dal costruttore a 40-45 °C a cui corrisponde una temperatura dell'esausto catodico di 65-70 °C[7]; un valore così basso determina grandi superfici di scambio per il sistema di smaltimento del calore prodotto.

La campagna di prove è durata tre giorni il primo dei quali è stato necessario per condizionare lo stack ovvero per permettere al dispositivo di assestarsi ed alle membrane di assorbire la quantità di acqua necessaria per il corretto funzionamento[8].

Sono state riportate per tutte le prove i grafici relativi al primo ed al secondo giorno per mettere in evidenza il miglioramento complessivo delle prestazioni.

Come noto la curva di polarizzazione caratterizza le prestazioni generali del dispositivo:


 

Fig. 12.5 - Curva di polarizzazione stack 100 celle

 

Corrente

Densità di corrente

Tensione V

Tensione V

A

mA/cm²

29/11/99

30/11/99

0

0

0,977

0,994

10

44

0,867

0,878

20

89

0,835

0,840

40

178

0,778

0,789

60

267

0,732

0,742

78,6

350

0,690

0,707

 

Tab. 1.5 - Valori di tensione in funzione della densità di corrente.

 

La curva di polarizzazione rappresenta la tensione media di cella in funzione della densità di corrente, si può osservare un leggero miglioramento delle prestazioni durante le prove del secondo giorno; la densità di corrente massima è tuttavia limitata se paragonata ai risultati conseguiti da altri costruttore di stack.

Naturalmente anche la potenza prodotta è aumentata dopo la fase di condizionamento, la figura seguente descrive appunto questa caratteristica


 

Fig. 13.5 - Andamento della potenza stack 100 celle

 

Corrente

Densità di corrente

Potenza W

Potenza W

A

mA/cm2

29/11/99

30/11/99

0

0

0

0

10

44

811

822

20

89

1615

1669

40

178

3075

3141

60

267

4421

4488

78,6

350

5423

5562

 

Tab. 2.5 - Valori delle potenze in funzione della densità di corrente.

Il valore di potenza massimo è stato ricavato ad una tensione media di cella di 707 mV con una densità di corrente di 350 mA/cm2 a cui corrisponde una potenza di 5562 W, il risultato ottenuto è leggermente superiore al dato di progetto il che dimostra un buon comportamento complessivo del dispositivo.

Infine è stato ricavato il rendimento in tensione dello stack che identifica l'efficienza di conversione del dispositivo elettrochimico


 

Fig. 14.5 - Rendimento in funzione della densità di corrente

 

 

Densità di corrente

Rendimento

mA/cm2

29/11/99

30/11/99

 

0

0,825

0,839

 

44

0,733

0,741

 

89

0,703

0,709

 

178

0,658

0,667

 

267

0,618

0,627

 

350

0,583

0,597

 

 

Tab. 3.5 - Valori del rendimento in funzione della densità di corrente

 

E' necessario sottolineare che il rendimento in tensione non tiene in considerazione la potenza assorbita dagli ausiliari né tantomeno il coefficiente di utilizzo del combustibile, nel seguito verranno prese in considerazione anche queste grandezze che derivano dal sistema di gestione dello stack.

 

Tramite il sistema di acquisizione dati è stato inoltre possibile rappresentare la tensione di ogni singola cella così da evidenziarne l'errato funzionamento.

Le illustrazioni seguenti mostrano come durante la fase di condizionamento si ha un aumento generale della tensione, ma soprattutto un assestamento complessivo della tensione di tutte le celle intorno al valore di progetto.

 

 


Fig. 15.5- Andamento della tensione di cella prima della fase di condizionamento.

 

 

 

 


 Fig. 16.5- Andamento della tensione di cella dopo la fase di condizionamento.

 

 

Infine è stata considerata la potenza assorbita dal compressore aria poiché, come più volte ripetuto, è un dispositivo che può assorbire fino al 30 % della potenza prodotta; sono state fatte due ipotesi, la prima prevede l'utilizzo di un compressore in grado di poter controllare la portata di aria ad esempio diminuendo il numero di giri del motore elettrico, la seconda, più semplice da punto di vista impiantistico, prevede un compressore a portata costante.

La figura seguente rappresenta la potenza prodotta dal generatore in oggetto al netto della potenza assorbita dal compressore.

 


Fig. 17.5 - Andamento della potenza al netto del compressore aria

 

Si può osservare come, ai carichi parziali, la potenza netta sia penalizzata dalla scelta di un compressore incapace di variare la portata d'aria, va inoltre sottolineato come per una densità di corrente inferiore a 50 mA/cm2  la potenza assorbita dal compressore sia addirittura superiore rispetto a quella prodotta dallo stack.

E' stato quindi tracciato un grafico che tiene conto del rendimento al netto della potenza assorbita dal compressore.

 


Fig. 18.5- Rendimento in funzione della densità di corrente al netto del compressore

 

La figura evidenzia chiaramente come sia penalizzante, per l'efficienza complessiva del generatore, utilizzare un compressore che non sia in grado di adeguare la richiesta di aria al carico elettrico; la soluzione a portata costante è quindi ipotizzabile unicamente nel caso in cui il generatore funzioni al carico nominale.

Per il compressore aria si è ipotizzato un rendimento totale[9] del 36%, gli altri ausiliari assorbono una potenza pari a circa il 5% di quella prodotta.

Con riferimento alla trattazione svolta nel secondo capitolo è quindi possibile determinare il rendimento complessivo del sistema a celle a combustibile:

 

 

hth

hv

hi

hE

hFC,net

0,94

0,597

0,90

0,533

0,486

 

Tab.5.5 - Calcolo dei rendimenti per lo stack da 100 celle

 

Conclusioni

Lo stack in questione ha dimostrato un buon comportamento generale, in particolar modo è apprezzabile lo standard raggiunto nella realizzazione, infatti la differenza di tensione tra tutte e cento le celle è di pochi millivolt.

La potenza massima è stata ottenuta in condizioni operative ottimali; in particolar modo è da elogiare l'elevatissimo coefficiente di utilizzo dell'idrogeno, derivante dalla procedura Dead-End, e la bassa pressione di esercizio che favorisce la sicurezza e l'efficienza del sistema; l'unico aspetto negativo è rappresentato dal basso valore di densità di corrente che determina un rapporto tra peso dello stack e la potenza prodotta solo pari a 0,055 kW/kg molto lontano dal goal stabilito per l'applicazione in campo automobilistico.



[1] È da intendersi il sistema di controllo e quello di monitoraggio della tensione di cella.

[2] Ci si riferisce a temperatura, pressione etc.

[3] Nei giorni successivi la cella ha continuato a manifestare un comportamento anomalo

[4] Le prestazioni della cella numero 13 sono andate successivamente diminuendo fino a costringere l'operatore a cortocircuitarla nuovamente.

[5] La portata di acqua iniettata è stata determinata in modo empirico, un valore ottimale è sembrato essere circa 12 l/min.

[6] Il coefficiente di utilizzo è variabile dalle condizioni operative ed impiantistiche, in prima approssimazione si può considerare un valore pari a circa il 95%.

[7] Esiste uno stretto legame tra la temperatura delle membrane, che in prima approssimazione corrisponde a quella dell'esausto catodico, e quella dell'acqua di raffreddamento.

[8] Questa procedura si rende necessaria qualora lo stack sia nuovo o non utilizzato per molto tempo.

[9] Incluso il rendimento del motore elettrico